La questione delle distanze dagli aeroporti cosiddetti “low cost”
Nelle discussioni sulla questione aeroportuale e sulla funzionalità di scali a 80-100 km quali sono quelli di Pisa e Bologna dall’area fiorentina, c’è chi la ritiene accettabile e normale perché per arrivare in molte città oggi si atterra a distanze simili. In realtà scali a tali distanze sono effettivamente utilizzati, ma si tratta in tutti i casi di aeroporti secondari, definibili “low cost”, ossia scali volutamente scelti più distanti dalle città meta del collegamento (solitamente tra i 50 e i 100 km) da vettori low cost per le condizioni economiche più favorevoli ottenibili, necessarie per mantenere basse le tariffe del volo, a fronte del disagio di più lunghi spostamenti via terra. Ne sono esempi in Italia Bergamo per l’area milanese, Comiso per Catania, Pisa per Firenze o Trapani per Palermo; in Europa Charleroi per Bruxelles, Beauvais per Parigi, Gerona per Barcellona, Hahn per Francoforte, Skavsta per Stoccolma, ecc. In tutti i casi tali scali sono di supporto per il segmento di traffico low cost agli scali primari direttamente a servizio della città o area metropolitana principale destinazione del collegamento e ben più vicini ai rispettivi centri di riferimento.
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